Aperture pazienti I



L'ostico confronto viscerale
spezza tutti i piani e le catene
offre un'opportunità al comunicare.
È un salto coraggioso dalla feritoia
qualcosa in più di cui esser grato.
Rivela un'aggraziata pausa dalla fuga,
l'apertura sana che cede aria al fiato
per non arrendersi all'idea fatale
di un plumbeo conflitto senza tregua.
Quando intercetti la migliore parte di te
osserva con pazienza e lasciala emergere,
concedi a te stesso di fare pace col passato.
Il perdono è un esercizio dell'adesso
in ogni istante è un dono al tuo vissuto.





Neve sulla cima





In me il tuo ricordo
è il silenzio della neve sulla cima
gli sci accuratamente riposti
e la sosta al rifugio prima della sera.
Il fischio d'inizio la domenica di gara
come uno spartiacque
dall'adolescenza mi separa.
Di quel bianco non ne avevi mai abbastanza
le vacanze con te avevano le striature
delle Alpi in lontananza.
Il tempo ci correva dietro
forse si burlava di noi troppo presi
da mille attività e attimi spesi
non capivamo che stavano terminando
le occasioni per esternare il nostro affetto.
I tuoi passi nel cuore della notte
portavano conforto e compagnia
erano certezza del tuo esistere
prima che il gran male ci recò la nostalgia.
Mentre conto le ore
e affilo agli incubi la sottile lama
tante domande affollano il pensarti
"Dov'è il senso in questa vita grama?"
"Non tormentarti e vai avanti" - mi diresti.
Silenzioso  il quesito va a tramonto con la luna
l'alba si avvicina e canta ancora alla fortuna.





Storia di un'unione



Cosa rimane di ciò che si era?
Quei saldi progetti
la strada comune
gli abbracci stretti
i passi da sincronizzare.
Ogni giorno è una musica
da armonizzare.
Un tripudio di solitudini,
chissà se è in questo che
il limite ha primeggiato
senza essere compreso
dalla parola, 
dallo sguardo sincero.
Tra le lenzuola sostava
una vitalità latente
spossata dal dovere,
dall'ordine apparente.
Una viltà in cammino
si affacciava
tra i capricci del bambino
e l'alleanza cedeva
nella verità che si nascondeva.

Negli occhi di lui ancora un sentimento
cullato da affetto indulgente
per leale intesa
per pace sospesa
per l'unione condivisa.

Su di te una maschera triste
aveva il difetto di attirare attenzione
di chi nella vita ha fatto scuola
nell'insoddisfazione.
Quanti racconti di stima, 
tramontata sotto il peso dell'aspettativa.
Forse la noia ti ha aperto la porta
e quella semplice comunione che vi univa
sotto una strenua cecità si è sepolta.
Non meriti colpa ma solo il tempo,
lo stesso che furiosamente
vuoi strappare a chi
si è impegnato per una promessa
che pronunciasti tu stessa
senza coglierne il senso.

Chi ha detto che le relazioni sono semplici?
Il contrario è assai noto.
L'illusione di essere sempre complici
è un inganno di chi fugge l'ignoto.
L'esempio si trae dalle piante
silenziose esse crescono
e di avversità ne vedono tante
la prova le piega
ma non ne annienta le radici.
Se salde e adattabili
l'inverno non è che un passaggio
per il vero sviluppo.
La Natura lo sa e non se ne vanta,
l'umano l'ignora e infelice avanza.

Forse imparerai dalla tua arroganza
-io me lo auguro-
e lui farà tesoro dell'umana erranza
perché la notte, pur buia,
è un momento prezioso
l'accetti nel cuore quando ricordi
che sei destinato alla gioia.





3 a.m.


L'ora più buia
ha le lancette alle tre
ed io ricordo di te
le corse da bambina
il mare di maggio
e le estati a Cortina
la tua mano nella mia
in un abbraccio 

di malinconia.
L'ultima carezza
fu persa nel pianto.
L'addio a denti stretti
e un cuore infranto.








Guarda attraverso la ferita.
Come una freccia rovente
ci trapassa la vita.
Si infuoca nel petto
assorda la voce
e divora il pensiero.
La tenerezza è avulsa
nella notte è delirio
senti il fiume nelle vene
che pulsa.
Inafferrabile quiete
Inarrestabile sete
prosciuga tutti i mari
in cui hai trovato riposo.
E non puoi far nulla
non vuoi
e non devi.
Abbandònati in quel dolore
solo il silenzio può accendere il buio.
Risorge dal male un antico stupore
È come pioggia della tempesta
porta via anche l'ultimo sasso
che è lì a trattenerti
lava il superfluo che infesta
fino ad accoglierti
finalmente disarmata
Rinata.




Filastrocca del volo



Questa filastrocca è un pensiero per l'ultimo volo di Luis Sepúlveda, che con i suoi scritti ci ha regalato grandi metafore di resistenza e di coraggio. Ma è dedicata anche a tutti i viaggiatori di questo cammino misterioso che è la vita, soprattutto a coloro che cadono e che non smettono mai di rialzarsi, perchè solo così si raggiungono altezze importanti.


Dopo
un lungo errare
il sogno era a un salto
nell'incerto e incessante abbrumare
il volo può in caduta mutare.
L'estate infuocata
si è fatta gelata,
ho provato a fermare stagioni
considerare gli errori
cercare sempre nuove soluzioni.
Una discesa ai miei piedi immancabile
l'ho fuggita come atroce condanna
di scoprirmi un giorno fallibile.
Ora che il fondo mi sento abitare
quel bosco che felicità offriva
pare una gioia da dimenticare.
Nella grigia ragnatela urbana
ogni cosa sembra arida e vana
la bellezza del presente mi sfugge
e non più mi accontenta,
anche la più piccola cosa è avvilita
per me che non sento la vita.
Nella libreria impolverata
un raggio di sole si posa,
soffia poi la sera su un volume datato
-l'avevo proprio dimenticato...-
non ricordo quale mano me l'avesse donato.
Sul letto ammutito nella bianca stanza
mi abbandono alla lettura con poca costanza,
poi lo sguardo mi trae sul verso d'un brano
"vola solo chi osa farlo" dice,
rimango d'un tratto rapito
benchè mi senta precipitato da un ramo
capisco che il cadere è una benedizione,
se si ha pazienza ci svela
i doni propri dell'autodeterminazione.
La verità del 'tornare indietro'
esorta a una spinta
per sognare più forte
proprio quando la sfida
ce la impone la sorte!
E la terra di nuovo si scopre
senza limiti e confini
nel volo che le grandi ali riapre
verso gli amati orizzonti marini.





Civiltà di guerra



Inerpicati su alberi di navi pirata
controvento a un pensiero
che ruba i progetti dei giusti.
Esulati dal brulichìo civile
sotto attoniti occhi arrembati,
la fuga solcava gli oceani
in cerca di abissi inviolati.
Ci hanno incattiviti, percossi
con veti indotti e ricatti celati.
Quando li abbiamo stanati
non comprendevamo
il significato di restare.
Attraccando l'ordinario
e salpando da corsari senza legge,
ci siamo scoperti più leali
del contrabbandiere di reggenza.
Ora, all'ombra del tardo sole
nell'alto mare solingo
la costa sembra piccola
e più innocua che mai.
Ma la terra, anche lei,
inaridita da misero abbrutimento
rivendica l'ammutinamento
dal cordoglio marziale.





Tempo fuggente



La città che rimbomba
di strade deserte,
una metro che tarda
nel futuro che annebbia.
Nessuno in banchina
l'attende,
né altrove
un carrett
o si scorge
tra la bruma rurale
ora tinta di rabbia.

Un quaderno di canzoni
e una chitarra sui prati
abbiamo sognato
segnandolo sui calendari,
forse quando fioriranno
i papaveri bradi
ai piedi dei monti,
forse un'altera luna
sorriderà ancora
vedendoci stesi
sulla tacita riva.

E i fiumi,
ignari della nostalgia
che abbiamo di loro,
scorrono
semplicemente
come scorre la vita
oltre gli schermi
dell'inerte esistenza
in cui contiamo
i giorni che separano
l'ira dalla resa.

Ogni moto popolare
sembra estraneo alla
storia dell'uomo
in questo momento,
come un capitolo
dal senso noioso
per uno studente
pieno di ardore
bisognoso di azione.
L'animo impaziente
ancora non crede
che il corso degli eventi
è di durata fuggente,
nel perpetuo tempo
del cosmo e del mondo
in cui questo
non è che un secondo.








Il molo


Il sole alto nel cielo
si specchia nel canale
di fianco al molo.
La passeggiata oziosa
ciondola da un lato all'altro
del parapetto.
Quanta tenerezza
nei piccoli trabocchi ordinati
ciascuno nel suo spazio,
ognuno sospeso
su un angolo del tempo
che ieri ascoltava
il chiacchiericcio dei pescatori
e oggi osserva curioso
scaltri voli di gabbiani.
Balena tra una livrea
di piumaggi leggeri
l'incontro
con misteriosi occhi felini,
venusti guardiani neri,
a cui tante esuli parole
da me il vento ha condotto.
In fondo alle onde contese
l'azzurra apertura
dove il confine
si può imporre
soltanto
col pensiero
e lo sguardo,
ancor prima di tendersi,
ha già issato le Vele.









Ricordi dal mare






Il pensiero
avanzava leggero
sul solco del cielo,
la brezza del vespro
riecheggiava
un'impacciata primavera.
I passi rapiti
dalla battigia schiumosa,
su tracce indelebili
di un ritorno sperato,
erano rotti soltanto
dal fragore di un treno.
Noi, stretti ed eletti
da passione sincera,
riaffiorammo
volgendo le spalle
al declino del sole,
nell'effimera occhiata
alla ventosa collina
con le viti sopite 
destate dall'aria.

L'addio è una falce
sempre pronta
a sottrarre
il profumo dei fiori…

d'un tratto il silenzio
soffiò via l'indugio
e lievemente
scese fiera la sera.





L'orbita dell'Amore


Ho sfiorato l'orbita dell'Amore
in una lunga notte di aprile
sulla scia di Atlas in disgregazione,
la cometa sensibile alla solare passione.
L'ho smarrita quasi all'ombra
di una rosea Luna casta,
all'inizio del suo volo
che discende al dì 
di festa.
Un istante io volevo salutarla,
ma il brusìo delle Pleiadi
non ha concesso l'occorrente intimità
e un saturnino allineamento planetario
complicava il malinconico scenario.
All'eco folle del mio Gemini
si è fissata la fugace dipartita.
Resto sola ed affamata
all'ora greve della sera
così, adagiata al davanzale,
osservo il fitto buio astrale.
È una Venere lucente
che mi viene a intrattenere
e da qualche sera ormai
dolcemente mi consola.









Lettere a Epicuro



Libertà privata è mal comune
logora le ore di tutti
lega le attese di molti
di chi combatte in prima linea
di chi resiste nella fede
di chi compiange un lutto amaro
poi c'è chi aspetta guarigione
e chi ha un lavoro da precario
o soffre di un presente solitario,
c'è chi annega nella mente
a chi nostalgia gli prende.
In questa musica incompresa
suona un ritmo dal tempo sofferto,
quella esperienza dell'incerto
che in ogni istante è condivisa.
Eppure... 
La Natura, da insegnante,
ci ricorda un conto caro,
impone quella riflessione
a cui l'umano è poco affine
e lo fa con modi austeri,
sono i gesti di una madre
volitivi in apparenza
e pietosi in sua sostanza.
In una dolce e saggia danza
ci ricorda che la vita
è un complesso movimento
in un sistema ambivalente
dove il tutto è anche il niente,
dove un battito di ali
fa vibrare un continente,
che la morte è anche vita
pur se non ce ne accorgiamo
quando la chiamiamo "fine",
con l'appellativo vano
per chi si illude di sapere.
La realtà è più sfaccettata
non va vista in linea retta,
va vissuta senza tempo
senza definire il campo,
solamente un poco è percepito
di ciò che all'infinito è accline.
Pur se sfugge alla ragione
vi è un perpetuo trasformare
che coinvolge tutto il cosmo.
Nel ricordo di Epicuro
il messaggio è duro e puro,
solo quando accetti il senso
puoi esperire il vasto immenso.






Taccuino


Immobili nel blu,
tutto questo sole
non sbiadirà il colore?
Anche i verdi
delle campagne
sono preclusi.
Il ponte invalicabile
sul fiume laggiù
sembra uno spreco
persino ai piumoni stesi
che col bel tempo
hanno dimenticato
la loro utilità.
Il tramonto infuocato
va consumando
le lanose fantasie invernali
mentre le sirene,
che qui in periferia 
non si odono,
risuonano il canto
nell'oceano della notte.
Un taccuino è
la scialuppa che salva
dal precipizio del vuoto,
la vedo remare
tra le onde lontane dell'erba.





La stanza ritrovata



Riflessi di luce
cilestrina tra i fili
delle tende leggere
marezzano il giorno,
lene onde alla finestra
che sfiorano l'affollata libreria
in risacche spumose di storie
a veglia di un sonno ferito
tornato da un viaggio remoto.
Fui peregrino
di un lento cammino
alla ricerca di luoghi lontani,
emersi dal romìto naufragio
in stagioni di atre tempeste.

Or
a lo spazio rinato
è come la terra avvistata
dalla vedetta che spicca in coperta
scattante in un balzo operoso
a tuffarsi nel vivo conforto.
Ieri quell'immagine fioca
del lume serale
era incompresa cinerea chimera.
E oggi pareti dall'eco gentile
ricordano corse infinite d'estate.

Il ritorno
ha il canto ameno dei passeri
e tintinna di campanelle nitenti,
delicate memorie di stelle,
nel soffitto dell'onirica notte.






Aura





Ancora sei
il guardiano
del mio mattino.
Il tuo ricordo
come un sole
col dolce tepore
sul mio dolore.






Giglio di mare


Nello sfiorarsi della luce
con la tenebra
dimora il tempo
in cui meno si è sicuri
dell'esistenza del mondo.
Quell'ora
è un dolce mare vespertino
dove abbandonare
lo sguardo 
ogni istante in cui 
l'entroterra si mostra 
dubbioso ed incerto.
La distesa cobalto
lascia germogliare
corolle di gigli
al suono del garbino 
bramose di sabbia 
inebriate al mattino
nell'incantesimo in cui 
si dà vita alla terra.






La si cerca in superficie
nelle belle piazze
nel luccichio generale
Invece la bellezza
è a un passo,
oltre le rovine,
nascosta
nel più umile
e spontaneo
angolo di vita.









L'ufficio lontano dal mare





Sulla via di una giovanile ambizione
hai dispiegato tanti anni di studio
sacrifici e un'aristocratica dedizione
nel portare in alto
la più terrena erudizione.
Un modesto orgoglio
ti ha aperto strade,
e quel serio piglio
ha dipinto di te un'immagine
che riflette qualcosa di credibile.
Nei tuoi libri sai mostrare
il talento della norma,
ma il comma è solo un palliativo
alla colpa.
Tra grandi possibilità
hai disposto nel giudizio fissa dimora,
cerchi di gustarti un certo ordine,
una qualche convenzione
che dia un po' di sana falsificazione,
che mascheri un'apatia intransigente,
che ti vesta di bontà apparente
covando nel profondo
un malcontento latente
debole e pavido,
sordo all'imprescindibile codice vitale,
incomprensibile per un sentimento arido.

Per quella stasi che ti assedia
cerchi un sereno approdo,
di incontrare un animo diverso
che possa forse indicarti un modo
per alleviare il supplizio
dato dalla sentenza,
sottoscritta per tua mano,
che ti ha precluso un clemente armistizio.
In quello spirito hai trovato
un universo fragile,
l'hai ingabbiato
con attenzione gentile e abile.
Hai potuto rivivere per un poco
quei romantici ideali
che da qualche parte dentro te
hai dimenticato
e di cui senti l'eco sfumato.
Da allora un cupo dialogo
hai frapposto tra interiori
fanciulli irrisolti
che non avranno mai mete comuni
ma solo monologhi distorti.
Di te spicca il modello
di ciò che non è da seguire,
l'icona infelice
di un sacramento senza amore,
che vede nel suo frutto
i vuoti del proprio cuore
a cui non resta che languire
in un ufficio lontano dal mare.
Così dal dono di essere padre
ricomponi quell'umana benevolenza
nella compassionevole espiazione
custodita dall'edipica indulgenza.