L'ufficio lontano dal mare





Sulla via di una giovanile ambizione
hai dispiegato tanti anni di studio
sacrifici e un'aristocratica dedizione
nel portare in alto
la più terrena erudizione.
Un modesto orgoglio
ti ha aperto strade,
e quel serio piglio
ha dipinto di te un'immagine
che riflette qualcosa di credibile.
Nei tuoi libri sai mostrare
il talento della norma,
ma il comma è solo un palliativo
alla colpa.
Tra grandi possibilità
hai disposto nel giudizio fissa dimora,
cerchi di gustarti un certo ordine,
una qualche convenzione
che dia un po' di sana falsificazione,
che mascheri un'apatia intransigente,
che ti vesta di bontà apparente
covando nel profondo
un malcontento latente
debole e pavido,
sordo all'imprescindibile codice vitale,
incomprensibile per un sentimento arido.

Per quella stasi che ti assedia
cerchi un sereno approdo,
di incontrare un animo diverso
che possa forse indicarti un modo
per alleviare il supplizio
dato dalla sentenza,
sottoscritta per tua mano,
che ti ha precluso un clemente armistizio.
In quello spirito hai trovato
un universo fragile,
l'hai ingabbiato
con attenzione gentile e abile.
Hai potuto rivivere per un poco
quei romantici ideali
che da qualche parte dentro te
hai dimenticato
e di cui senti l'eco sfumato.
Da allora un cupo dialogo
hai frapposto tra interiori
fanciulli irrisolti
che non avranno mai mete comuni
ma solo monologhi distorti.
Di te spicca il modello
di ciò che non è da seguire,
l'icona infelice
di un sacramento senza amore,
che vede nel suo frutto
i vuoti del proprio cuore
a cui non resta che languire
in un ufficio lontano dal mare.
Così dal dono di essere padre
ricomponi quell'umana benevolenza
nella compassionevole espiazione
custodita dall'edipica indulgenza.